Africa Lago Bunyony

Lago Bunyony

16/06/2019
“Continuo a scrivere ed a cancellare perché riuscire a trasformare in parole le milioni di emozioni e sensazioni che ho vissuto oggi non é facile. Quando ho deciso di venire in Africa sapevo che al ritorno la mia valigia sarebbe stata molto più pesante per certi versi e molto più leggera per altri.
Ma quello che ho visto in quel villaggio penso lo porterò nell’animo per il resto della vita.
E se credete che quello che mi ha segnato é la durissima realtà che ci hanno messo difronte agli occhi, vi sbagliate.
Abbiamo visto la crudeltà e la durezza della vita negli occhi di ogni singolo bambino, nelle ferite cicatrizzate sui loro corpi nelle piaghe sotto i loro piedi.
Abbiamo asciugato lacrime che scendevano sui volti di madri che hanno fatto chilometri sperando in un miracolo, realizzando poi che quel miracolo non sarebbe mai avvenuto.
No ma non é questo che mi ha colpito.
Quello che nessuna doccia riuscirà più togliermi dalla pelle é la pace che avevo nel stare lì con loro. È come se in quei luoghi, con quelle persone ci fossi già stata. Come se conoscessi già la loro storia e loro la mia.
Come se i nostri sguardi si fossero già incontrarti.
Abbiamo ballato e loro mi hanno reso felice.
Non io. Ma loro.
Guardavo negli occhi di quei bambini e pensavo ai miei figli ed a come tutto quello che mi stavano regalando quei cuccioli dal viso scuro lo dovevo custodire nel profondo del mio cuore per poterlo poi condividere con loro ogni giorno.
Tutti quei sorrisi colmi di una tristezza mai vista prima mi hanno fatto capire che questa vita non la possiamo sprecare. Mai.” (Francesca)

“Ci sono posti splendidi cosi distanti dalla cruda realtà ugandese, che per qualche ora ti fanno dimenticare di essere comunque ancora in Uganda. Ci sono resort su laghi bellissimi che si specchiano nella medesima acqua, dove, poco più avanti, si affaccia una scuola per 90 bambini fatta di fango, dove avere i banchi diventa l’unico lusso che si può avere. Questa a volte è la legge di questo stato così assurdo. Dove c’è chi dorme tra lenzuola di cotone e chi si soddisfa di posho per colazione, pranzo e cena. Qui non c’è una via di mezzo, qui o stai bene o stai male, o guardi dall alto o guardi dal basso con occhi di bambino che si vergognano a chiederti soldi; qui ci si arrabbia perché non ti hanno comprato il braccialetto dalla tua bancarella e guadagnare così 3000 scellini (80 cent.) con cui probabilmente comprerai solo posho ancora e sempre. Qui ci si lava nel lago con il sapone e non semplicemente ruotando il rubinetto. Qui non si da per scontato nulla ed è questo il motivo che porta queste persone a vivere ogni giorno, vivere qui e ora. Perché domani comunque non sarai dalla parte giusta della sponda del lago… nonostante tutto questo non ho mai conosciuto, come qui in Uganda, uomini e donne più degni di meritare il rispetto, si anche il tuo. Perché eppure ruotiamo tutti sotto lo stesso cielo.” (Filippo)

“Oggi la giornata di relax al Lago Bunyony, a due passi dal confine rwandese, è stata un colpo al cuore. Vicino al resort da centinaia di euro al giorno, abbiamo visitato alcune aree rurali, dove il concetto di povertà al quale ci siamo abituati venendo in Uganda, è stato messo a dura prova.
In questo caso mi viene difficile prendere il telefono per fare foto, è fin troppo fissare sullo schermo le immagini.
E ti viene da pensare che, perlomeno, qui in Uganda vivono lontano da conflitti e guerre, che sono invece così vicini a questo confine che lambisce Repubblica Democratica del Congo, Rwanda, Sud Sudan….in pace, ma derelitti, ecco, derelitti è la parola giusta che mi è venuta.
C’è un continuo stridore tra la bellezza e la pace di questi posti e lo stato di miseria di questa gente, così tagliata fuori da quel minimo di civiltà che vediamo ai bordoni una strada asfaltata. Se devi capire l’Africa devi fare tanti chilometri sobbalzando su strade di terra rossa, inerpicandoti a piedi su sentieri improbabili verso villaggi dove non penseresti ci fosse vita. Sei scortato a piedi da bambini e bambine, che si affollano intorno con la speranza di ricevere una moneta. E ti devi trattenere dal regalare qualsiasi cosa perché sai che non è la cosa giusta: c’è solo da continuare a fare quello che stiamo facendo, un percorso più difficile e tortuoso, quello di dar loro una opportunità di vita attraverso i progetti che Salvagente ha avviato.
I pigmei che abbiamo incontrato oggi, ultimi rimasti dopo essere stati dispersi e cacciati dalle loro terre, deportati in altro luoghi rispetto ai loro di origine, mi hanno fatto pensare alle varie forme di pulizia etnica che ancora poco tempo fa abbiamo visto operare, sotto i nostri occhi, persino a poche ore di auto da casa nostra, nella ex Jugoslavia.
E mi viene di nuovo in mente che, nonostante la nostra indifferenza e le nostre pasciute pance, nessun luogo è lontano.” (Paolo)