27/07/2018
“La preside è una giovane donna che ci accompagna durante il nostro giro per le aule della scuola Mary Wembambazi di Mbarara.
Prima della nostra lezione sul primo soccorso agli insegnanti, padre Mansueto e la preside ci tengono a presentarci classe per classe, dai piccolissimi dell’asilo, agli alunni delle primarie: qualcosa come poco meno di 900 alunni, in aule che ne contengono fino a 70, seduti quattro per banco.
Padre Mansueto apre con discrezione ogni porta e sceglie sempre uno o due alunni ai quali chiede di fare le reciproche presentazioni con noi. Con i più piccoli, un canto si alterna alla loro pura eccitazione nel vedere entrare nella loro classe tre Muzungu.
L’inglese è la lingua franca tra noi e loro, che non sono solo ugandesi, ma in buona parte anche rwandesi, borundesi o rifugiati del Congo.
In ogni classe vediamo larghi sorrisi e tante teste curiose, mani che si alzano per recitare il benvenuto, voci che cantano Happy Birthday per celebrare Padre Mansueto, momenti di pura felicità che ti entrano dentro.
Mentre ci avviciniamo alle classi dei più piccini, la preside ci raggiunge, con tono efficiente e distaccato aggiorna Padre Mansueto dell’assenza di una bambina. Intercettiamo parte del discorso, che ruota intorno ad una morte violenta, in seguito ad un agguato. Mansueto ci spiega brevemente che il padre della bambina della primaria era stato assalito da un rapinatore la sera prima sulla strada di ritorno dal lavoro.
Mbarara non è propriamente un posto sicuro, i suoi slum ospitano migliaia di persone scappate da qualcosa o da qualcuno, facendone una delle città più grandi dall’Uganda, oltre che una delle meno sicure, con il più alto tasso di HIV, prostituzione e malattie sessualmente trasmissibili.
Qualcosa non era andato bene, l’uomo era stato ferito seriamente da un’arma da taglio al braccio nel tentativo di reagire alla rapina. Stamattina, a scuola, la notizia che l’uomo non ce l’ha fatta, la bambina resterà a casa, alcuni insegnanti presenzieranno al funerale, durante la funzione religiosa si ricorderà il papà che ha lasciato l’ennesima orfana.
La visita continua, un’altra porta si apre, siamo travolti dai visi sorridenti di 50 bambini di una pre-primaria, non c’è tempo per metabolizzare quanto abbiamo sentito, dobbiamo solo sorridere e andare avanti.”