Africa Paolo

Storie di vita africana

25/07/2018
“Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.”

(Cit. Primo Levi, Se questo è un uomo)

“Di notte. Di sorpresa. Veloci e precisi. Sfondano la porta, entrano in casa, urlano ordini e radunano una famiglia terrorizzata.
Tutto è pianificato, perché l’obiettivo è accaparrarsi la “roba”: quello che in Congo, come in tanti paesi dell’Africa, è uno dei beni più preziosi di una famiglia, il bestiame. È, oltre a quello, le poche cose che ci sono in una casa di una famiglia fatta di persone normali, con un papà, una mamma, tanti figli e parenti.
Non è paura, forse non è neanche panico, non lo puoi descrivere, perché gli occhi di chi te lo racconta non riescono a reggere lo sguardo, dentro hanno un baratro che si è aperto quel giorno e che niente può colmare.
Le grida, le urla, i pianti, le suppliche: in un caos sapientemente organizzato, loro sanno come muoversi sfruttando la debolezza di queste prede impazzite e prigioniere in quello che dovrebbe essere il posto più sicuro dove stare.
Non c’è pietà, non c’è nemmeno indifferenza, non basta quanto stanno facendo portando via tutto quel che rappresenta la vita per una famiglia. Si aggiunge la perversione pura, un folle gioco senza limite, che punta risoluto su chi si oppone e con sadismo su chi è semplicemente debole perché vecchio o inerme.
E deve dirti, con grande fatica, quello che i suoi occhi profondi non potranno mai dimenticare. Di come si seppellisce un uomo vivo, di come si violenta una donna di fronte alla sua famiglia, di come vedi cadere sotto i colpi di un fucile automatico i tuoi cari.
Se rimani vivo, con quel briciolo di forze che inspiegabilmente resta dentro, non puoi fare altro che scappare, con quanto hai addosso, lasciandoti alle spalle una bambola, un quaderno, una sorella, una casa, un futuro.
Scappi, come se fossi tu il ladro, e fuggi dal tuo paese, il Congo, uno degli stati più ricchi di risorse naturali del mondo, per cercare la salvezza al di là di una linea di confine dove, forse, avrai tregua.
Non parlerai più il tuo dialetto, nemmeno il francese sarà la tua lingua franca per vivere in quello che sarebbe stato il tuo mondo. Devi ricominciare da capo, tutto, costruire una nuova vita.
In Uganda, ha trovato la tregua dagli inseguitori, dalla fatica, dalla fame, ma non dal terrore e dalla tristezza infinita che ho letto in quegli occhi di ragazza di 14 anni, mercoledì 25 luglio, a Mbarara.” P.