23/07/2018
“Se vieni in Africa pensando di “venire a insegnare” stai a casa. Vieni in Africa per imparare piuttosto. Come con un bambino. Tu ti illudi di poter insegnare ad un bambino a vivere, ma in realtà quando stai davvero con un bambino, se lo fai con cuore aperto, è lui che insegna a te. Ti insegna a guardare il mondo in modo diverso, senza pregiudizi, senza sovrastrutture. Se vieni in Africa pensando di insegnare qualcosa sul come si vive agli africani stai a casa come con i bambini: puoi cercare di donare loro degli strumenti. Insegnar loro l’inglese, dare istruzioni igieniche, sanitarie, nutrizionali. Ma poi devi capire quando fermarti. Sei un ospite. Non devi avere la presunzione di cambiare la loro cultura. Giorgio e Marta fanno una cosa immensa: Si prendono cura degli ultimi qui. Perché se da noi c’è un sistema culturale che in qualche modo cerca di includere gli ultimi, qui dove la sopravvivenza non è una cosa scontata, gli ultimi sono abbandonati dalla società, dalle famiglie, da tutti. E invece loro non li dimenticano. Li aiutano, li curano, li istruiscono (quando possibile) per fare in modo che la loro sopravvivenza qui non sia messa in discussione. Ci sono tante cose che in questi primi giorni mi hanno colpita. Mi colpisce che i bimbi africani crescano in fretta. Che a 6/7 anni un bimbo sia già abbastanza grande per badare ai fratelli più piccoli, che un bimbo di 2 anni sia autonomo e indipendente e non chieda mai di essere preso in braccio. Sono bambini che spesso non sono stati bambini. E Giorgio e Marta con i loro progetti sono invece in grado di ridare loro parte di questa infanzia perduta. Dando regole, facendoli studiare, facendo far loro una vita da “bambini” senza che si debbano far carico di essere per forza adulti prima del tempo. Senza mai urtare la loro cultura, nel rispetto delle loro origini e della loro storia.” F.